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Questo post si ispira al pezzo hip hop di Sefyu "La 3° guerre". Ne ho fatto una traduzione e una leggera riaddattazione, ma ho sempre mantenuto il senso della canzone. Se poi al posto di Francia mettete la parola Italia (questo per la Gelmini e le classi ponte volute dalla Lega tra i vari) avrete un'immagine di quel che rischia il bel paese.
Immaginate di ascoltare un racconto di immigrazione mentre in sottofondo (scritte in corsivo), c'è un documentario sulla seconda guerra mondiale in tv. Ci siamo? Ok! Buona lettura.
In Italia, a Montécassino in Francia, in germania, sempre in prima linea. Per decine di migliaia, arabi, algerini, tunisini, marocchini et "pieds noirs"( http://it.wikipedia.org/wiki/Pieds-noirs) combattono spalla a spalla contro il nazismo. Hanno appena liberato una metropoli che la maggior parte non conosce.1962, la Francia est devastata dalla seconda guerra mondiale del 1945. La vittoria, la caduta dei tedeschi, la fine di Hitler, è costata cara in soldi e litri di sangue. I tirailleurs senegalesi spalleggiati dall'Algeria hanno abbandonato tutto nei loro paesi per l'amore di questo paese. La battaglia è finita, è l'inizio della 3° guerra. Delle bombe sono rimaste incastrate nelle strade di Poitiers, la Francia deve ricostruire, rilanciare la sua economia, rimborsare i miliardi prestati dall’americano, suo amico. In quel periodo, la Francia non si sentiva molto forte. La guerra fu un grosso choc: la capitale era morta, i suoi tacchi si erano spezzati sulle strade di Berlino e bisognava ridarle un look, come si fa con una top-model,. Per fare ciò, ci volevano uomini forti, robusti, pronti a tutto per la famiglia rimasta a casa nella carestia. E’ li che è venuta l’idea di fare appello a immigrati portoghesi, neri, maghrebini, “ritals” (italiani), spagnoli… Tutti avevano qualcosa in comune: fuggire la miseria. Erano tutti pronti a lavorare come dei dogo argentini. La mano d’opera è umana, gli attrezzi sono gli uomini che vendono la loro pelle per poco, dando corpo e anima nell’edilizia, la manutenzione, in fabbrica… nella catena di montaggio l’immigrato si scatena…
In primis, come liberiamo la nostra patria? La nostra patria è pur sempre la Francia.1963, l’arrivo di Moussa. 1964, arriva Houssen. Moussa, originario di Dakar, ha 23 anni quando sbarca a Marsiglia come un clandestino in un container. Houssen, figlio di soldato rifugiato politico, viene da Algeri. Ha 24 anni quando depone le sue valigie a Parigi, per essere precisi à Belleville, lontano dalla bella vita. Moussa trova un lavoro nella nettezza urbana. Raccoglie rifiuti a mani nude, senza guanti. Houssen invece, lavora in fabbrica e respira amianto per pagare l’affitto. Houssen e Moussa abitano in quei domicili per giovani lavoratori immigrati senza soldi, dove vengono classificati per comunità, per paese, per colore… Moussa vive solo con dei neri e Houssen con dei maghrebini. La Francia non aveva intenzione di disorientarli: l’obiettivo era farli lavorare, non integrarli. I portoghesi mangiavano portoghese, dormivano tra portoghesi. Gli arabi parlavano solo in arabo e camminavano solo tra arabi. I neri nel buio, facevano lavori in nero (N.B.: qua c’è tutto un gioco di parole che tradotto non renderebbe). Insomma, ognuno di loro viveva con la persona che vedeva allo specchio… Il miglior cibo del mondo per Moussa era il riso. I migliori piatti del mondo per Houssen erano les “galettes Kabyle”. 1980, 20 anni passati in Francia. Moussa e Houssen, danno tutto loro stessi nelle catene di montaggio
E dopo c’è il ritorno, e vuol dire che arriva l’uguaglianza.1981 Houssen cerca una donna. 1982, Moussa si sposa. 1983, Houssen trova una donna. 1984, entrambi hanno dei figli. Tutto succede all’inizio degli anni ’80 con l’arrivo degli HLM (case popolari) che diventeranno delle banlieus. Moussa cerca una nuova casa, ottiene il suo trasferimento e lascia Marsiglia per Parigi per accrescere la sua famiglia. Da parte sua, anche Houssen deve traslocare. Una petizione è firmata per un edificio da demolire. La verità è che bisognava spostarli per rendere alcuni settori più frequentabili. Come al solito… Quando Moussa arriva nel quartiere, è come scioccato nel vedere che il suo vicino non è senegalese. Di fronte Houssen è scioccato quanto il suo vicino Moussa. Faccia a faccia, Moussa e Houssen parlano il linguaggio dei segni. A forza di stare tra di loro nessuno di loro ha imparato il francese, non hanno mai considerato quelli che non erano come loro. I neri parlano degli arabi, gli arabi sui neri, perché la Francia li ha guidati senza fari né antinebbia. Ecco l’inizio della 3° guerra. Il lavoro non ha lasciato loro il tempo di imparare la grammatica. 1996, per Houssen va tutto male. Suo figlio Malik, 12 anni, gira con Boubakar, il figlio maggiore di Moussa che non capisce gli arabi. Le due famiglie non si sopportano, si trovano dei difetti quel che avvicina ancora di più i loro figli, i migliori amici del mondo. Solidali, Boubakar e Malik si avvicinano, s’incatenano, i loro genitori si scatenano…
Contrariamente a quel che questa messa in scena possa far pensare, i soldati afroamericani, come i tirailleurs senegalesi vivono sotto un regime segregazionista. La diversità degli uomini e la fraternità nata durante i combattimenti non devono mascherare il contesto storico dell’epoca. Le colonie mobilizzate all’interno degli imperi brittanici e francesi, non hanno in effetti, né gli stessi diritti, né gli stessi terreni degli europei generazionali. Siamo sempre nel periodo delle colonie e i diritti degli indigeni devono ancora essere conquistati.